Quarant’anni e non sentirli

Nel 2025 Porsche Italia compie quarant’anni. Un traguardo importante, al culmine di un percorso che ha visto cambiamenti epocali, ma sempre con il denominatore comune dell’esclusività, dello stile e delle prestazioni legate al marchio Porsche.

   

Una storia passata attraverso la trasformazione del mercato e della clientela, l’evoluzione tecnologica, la competizione internazionale e le nuove esigenze di mobilità. Per raccontare i quarant’anni di Porsche Italia, abbiamo coinvolto cinque testimoni che questa storia l’hanno vissuta dall’inizio. A partire da Giuliana Sbrissa e Michela Rampin, assunte nel settembre 1985 rispettivamente nell’ufficio Distribuzione Auto e in Amministrazione, coinvolgendo anche chi è entrato poco dopo in azienda, come Alberto Pontara, Assistenza Tecnica, e Luisa Tacchin, che si occupava dei rapporti con i concessionari. Ma anche Diego Lovisetto che, assunto nel 1994, ha nel tempo ricoperto diverse posizioni dirigenziali.

Tutto parte proprio nei primi anni Ottanta, quando Walter Walcher, altoatesino e titolare della SITAP (l’azienda che si occupava di trasportare in Italia le auto per l’importatore Autogerma), propone a Porsche AG di separare la loro distribuzione da quella degli altri marchi del Gruppo Volkswagen. Fino ad allora, in trentacinque anni a partire dal 1951, Porsche aveva venduto in Italia 27.277 auto, compresi 2.520 esemplari del modello 914 coprodotto con Volkswagen.

L’idea di Walcher piace e il 5 giugno 1985 nasce Porsche Italia che, oltre allo stesso Walcher, che possiede il 40% delle quote, ha come socio la Casa Madre con il restante 60%. L’operatività parte il primo gennaio del 1986 e la sede è da subito a Padova, in via Ca’ Stimabile 1, nel quartiere di San Lazzaro. L’organico è di una trentina di persone distribuite tra Commerciale, Assistenza e Amministrazione; mentre delle pubbliche relazioni, compresi i rapporti con la stampa, si occupa lo stesso Walcher, che della neonata Porsche Italia è Presidente.

La scelta dei collaboratori segue una linea ben precisa e per certi versi innovativa: giovani e possibilmente non provenienti dall’automotive, tranne naturalmente quelli che si occupano dell’assistenza tecnica. La conoscenza della lingua tedesca è ritenuta una competenza preferenziale, essendo ancora quella ufficiale.

In quel periodo in Italia l’IVA è al 38% per le auto sopra i 2.000 cc e il mercato delle supercar ne risente, anche se, allora come oggi, la Porsche è un oggetto di culto e i clienti che si incontrano per strada si salutano con la mano o con un lampeggio. «Il signor Walcher amava ripetere che la Porsche non serviva per spostarsi dal punto A al punto B, ma era un piacere possederla», ricorda Giuliana, e aggiunge: «Diceva che era come un orologio da collezione, che si porta al polso non per guardare l’ora: quella la si vedeva sul campanile». Oggi si direbbe sul cellulare, ma il concetto non cambia.

Per combattere la crisi economica e rimodernare la gamma, Porsche AG spinge sulla generazione a motore anteriore capeggiata dalla 924 e seguita dalla prestigiosa 928 e poi dalla 944 e dalla 968, modelli che infatti hanno un’importante presenza nelle concessionarie.

Il contatto con i clienti era diretto: «Da settembre a dicembre andavamo in giro per l’Italia a far provare le macchine», dice Alberto. «Se c’era un autodromo nelle vicinanze, usavamo quello, altrimenti i test li facevamo su strada o negli aeroporti.» Luisa ricorda che i clienti non chiamavano il concessionario ma direttamente lei per avere informazioni sui tempi di consegna – «Dov’è la mia bambina, quando arriva?» –, senza parlare dei pezzi di pelle o stoffa che arrivavano per posta e che servivano per avere un colore particolare della carrozzeria o degli interni. «Anche se», interviene Alberto, «le richieste all’epoca erano concentrate soprattutto sull’incremento delle prestazioni con pacchetti montati direttamente in fabbrica, come quelli denominati X50 e X51, o con i kit post-vendita montati da noi di Porsche Italia». A proposito di clienti, Michela ricorda un aneddoto sull’acquirente di una delle cinque 959 destinate all’Italia («Tre argento e due ardesia», precisa Alberto): «Si presentò in Amministrazione con 450 milioni di lire in contanti per pagarla: ci ho messo un bel po’ a spiegargli che avrebbe dovuto fare un bonifico o almeno un assegno circolare». «450 milioni per 450 cavalli: per noi erano cifre astronomiche e ricordo che scherzavamo sul costo di un milione a cavallo!», dice Luisa divertita.

Nel 1990, Porsche Italia si amplia e cambia sede: resta a Padova, ma si trasferisce in quello che è ancora l’attuale indirizzo, in Corso Stati Uniti 35. La 911 prende quote di mercato grazie alla 964, ma soprattutto alla 993.

Nel 1997, Walter Walcher cede la propria quota a Porsche AG, che trasforma Porsche Italia in filiale diretta della Casa.

Loris Casadei subentra nel ruolo di Direttore Generale, portando una solida esperienza in finanza e nel controllo di gestione. È il momento in cui, con l’arrivo della Boxster e della prima 911 raffreddata ad acqua, la 996, Porsche Italia introduce due nuovi dipartimenti: Ufficio Stampa e Pubbliche Relazioni e Marketing e Comunicazione, di cui si occupa Diego Lovisetto. «Secondo me la 996 Carrera 4 fu l’auto che cambiò i giochi, soprattutto per il PSM, evoluzione del primo controllo di trazione: andavamo a Vairano, sulla pista di Quattroruote, con il porschista che rifiutava l’elettronica perché, diceva, ‹Io sono più bravo›. Sul piazzale bagnato, però, con il PSM inserito, sicurezza e controllo diventavano eccezionali: scendevano dalla macchina e firmavano subito il contratto. Pazzesco!»

Quelli sono anche gli anni in cui cambia la strategia di comunicazione: «Capimmo che dovevamo partire dal presupposto che l’acquisto di una Porsche non era l’acquisto di un’automobile, ma del biglietto d’ingresso a un mondo». Ricorda ancora Diego: «C’era uno spot radio a due voci e uno diceva all’altro ‹Ci vediamo domani sera. Ah, domani sera mi dispiace, ma non posso perché ho il concerto jazz alla Porsche. E martedì? Eh no, martedì ho la cena organizzata da Porsche. E mercoledì? Sono in pista con la Porsche Driving School. E giovedì?›. Insomma, Porsche dettava l’agenda degli eventi e, infatti, il nome dello spot era ‹L’agenda›».

Il potenziamento di organico sarà cruciale anche per le altre importanti svolte della gamma prodotto, con la Cayenne nel 2002 e la berlina Panamera nel 2009. Con Casadei, Porsche Italia si apre allo sport, con lo Sci Club, che affianca il già consolidato Green Club dedicato ai golfisti. Nel 2007 debutta, inoltre, la Porsche Carrera Cup Italia, campionato monomarca che vede impegnate in pista le 911 GT3 Cup.

Nel 2012 inizia una terza fase per Porsche Italia, che la Casa di Zuffenhausen affida alle capacità del nuovo CEO, Pietro Innocenti, sviluppate in Medio Oriente e nei mercati emergenti. L’ampliamento della gamma, con l’introduzione del SUV compatto Macan nel 2014, subito best seller del marchio, sviluppa ulteriormente la filiale italiana, che negli anni arriva a conquistare il titolo di terzo mercato europeo per volumi.

Porsche Italia amplia notevolmente il suo raggio d’azione: aprendosi a mondi diversi ma affini come l’arte, gli sport adrenalinici e la musica, crea connessioni nuove e contemporanee, promuovendo spazi di incontro inusuali che vanno oltre il tradizionale retail.

Nel frattempo, anche la presenza sul territorio evolve: oltre a concessionarie e centri assistenza, Porsche Italia è pioniera di formati innovativi come il Porsche Studio in Via della Spiga a Milano e lo store Porsche@CityLife nell’omonimo quartiere milanese. Sono gli anni in cui l’esperienza del cliente assume un ruolo centrale nella strategia della filiale italiana. Questo concetto prende forma attraverso la reinterpretazione dell’esperienza cliente in concessionaria secondo la filosofia «Destination Porsche», ovvero luoghi dal design moderno e accogliente che diventano punti di incontro e socialità grazie a ricchi palinsesti di eventi.

Sempre sotto la guida di Innocenti, e suo fiore all’occhiello, nel 2021 viene inaugurato in Franciacorta il più grande Porsche Experience Center al mondo, diventato negli anni un benchmark internazionale tra i dieci PEC esistenti. Senza dimenticare l’impegno verso l’elettrico, sfida epocale per l’industria automobilistica mondiale, che Porsche Italia coglie introducendo con successo due full electric di altissima gamma (la Taycan e la nuova Macan) in un mercato nazionale nel frattempo arrivato a quota 8.223 auto consegnate al cliente finale nel 2024. Un record.

«Abbiamo conosciuto tre aziende diverse, capaci di adattarsi alle diverse esigenze emerse negli anni», dicono oggi coloro che hanno vissuto di persona la nascita e l’evoluzione di Porsche Italia. «La prima aveva un’impostazione padronale, con un importatore che acquistava le vetture e le rivendeva sul territorio. Poi è diventata filiale, quindi emanazione ufficiale della Casa, con la mission di portare i valori e le strategie di Porsche AG sul mercato italiano. La terza, quella attuale, ruota intorno all’esperienza del marchio e si proietta verso un futuro segnato dalla sfida elettrica.» E concordano su un fatto: «Quando i quarant’anni di un’azienda combaciano con la tua vita professionale, capisci che quella è stata più una famiglia che un lavoro». Un lavoro e una grande avventura. 

Alessandro Giudice
Alessandro Giudice
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