Vedere l’invisibile

Dal 2017 Porsche scopre talenti e idee per la mobilità del futuro a Tel Aviv, insieme alla cacciatrice di start up Sigalit Klimovsky

  

Dal 34esimo piano lo sguardo scorre oltre torri di uffici sopra casette del tempo dei pionieri e tetti piani in stile Bauhaus, fino a perdersi nel Mediterraneo. Le torri gemelle in vetro dietro l’autostrada urbana di Tel Aviv sono un vero e proprio nido d’aquila per le innovazioni nel campo della guida autonoma. È proprio là che il team della start up TriEye si sta dedicando a una telecamera che promette di guardare oltre le soglie del visibile – e risolvere così una delle grandi sfide dell’elettromobilità. TriEye è stata fondata alla Hebrew University, il cui Dipartimento per la Nanofotonica è considerato uno dei migliori al mondo.

Il primo incontro con la Porsche Taycan:

Il primo incontro con la Porsche Taycan:

Sigalit Klimovsky tiene tra le mani il modellino della vettura in scala 1:10

Torniamo al 34esimo piano. Niente make-up, in jeans e camicetta casual, Sigalist Klimovsky è in piedi davanti a un modello demo. Con il suo partner d'affari Dov Moran, considerato l’inventore delle penne USB, da quattro anni si è specializzata negli investimenti sulla scena «deep-tech», ovvero nelle imprese che puntano allo stravolgimento del campo tecnologico attuale piuttosto che al mero successo economico. Klimovsky accompagna i pionieri dall’inizio del loro percorso per conto del fondo d'investimento Grove Ventures.

La 47enne ha in mano un pezzo di vetro lattiginoso che tiene davanti a un’auto giocattolo. Lo scopo è simulare una forte nebbia. L’occhio umano in questa situazione è impotente. Il sensore infrarosso a onde corte della minuscola telecamera installata nell’auto, però, restituisce un’immagine nitida: anche in condizioni di pessima visibilità, il sistema assicura la visuale. Questo tipo di sensori sono così cari da essere utilizzati esclusivamente dall’esercito o nel settore aerospaziale. TriEye li produce ora per una frazione di quel costo.

«Con l’investimento in TriEye, Grove si è assunta un rischio enorme», dichiara il giovanotto accanto a Klimovsky: «Però, abbiamo dimostrato che la nostra tecnologia funziona». Ziv Livne è responsabile per lo sviluppo commerciale nella start up, prima faceva parte del team di Grove Ventures. «Un ottimo esempio di come la scena high-tech qui a Tel Aviv sia un po’ una famiglia», racconta Klimovsky. Molte cose avvengono per tramite di raccomandazioni personali.

«Come ecosistema, Israele è incredibilmente eccitante», aggiunge Klimovsky. Ci sono talenti, acceleratori e incubatori in abbondanza, ma anche un Governo che investe nella ricerca. E poi storie di successo che ispirano all’imitazione, come la start up Mobileye di Gerusalemme, rilevata dal gruppo americano Intel nel 2017 per 15,3 miliardi di dollari. Solo nella prima metà del 2019, in Israele vi sono state 66 vendite di aziende per un importo record di 14,84 miliardi di dollari.

6.500
aziende high-tech hanno la loro casa in Israele. Ogni anno vi si aggiungono tra 1.200 e 1.500 nuove start up


Nel Paese vi sono 6.500 aziende high-tech, a cui ogni anno si aggiungono tra 1.200 e 1.500 nuove start up, e vi si sono insediate 530 multinazionali (tra cui Facebook, Apple, Google, Amazon). Tel Aviv svolge un ruolo chiave. In nessun altro luogo al mondo si concentrano così tante start up in uno spazio così piccolo. Per neppure mezzo milione di abitanti vi sono oltre 4.000 nuove imprese. Questa città è estrema. Estremamente pulsante, estremamente giovane. Le persone qui si gustano la vita ogni minuto. Questa mentalità dà i suoi frutti naturalmente anche sulla scena delle start up. Voler sperimentare molto significa anche che devi raggiungere tanto in fretta.

Nel 2017, Porsche ha allestito a Tel Aviv un laboratorio digitale con l’obiettivo di identificare talenti e tecnologie del futuro. «Porsche Digital è investitore nel fond Grove e partner strategico. Quindi, cerchiamo innovazioni insieme e ci scambiamo conoscenze nell’ambito del sistema ecologico e delle necessità del settore», spiega Klimovsky. Che in questo si incontrino non solo due culture – l’agile e dinamica scena delle start up e l’affermato costruttore multinazionale di automobili sportive – secondo Klimovsky costituisce talvolta una sfida, ma soprattutto un vantaggio. «Si tratta di trovare il passo giusto per entrambi».

Il sensore della fotocamera TriEye:

Il sensore della fotocamera TriEye:

a questo chip la start up deve il suo vantaggio sulla concorrenza

La stessa Sigalit Klimovsky, nel corso della sua carriera, ha conosciuto le forme più diverse di cultura aziendale. Per cinque anni ha lavorato anche in Australia. Grazie al suo debole per la tecnica e la sua esperienza internazionale, si sente a suo agio sia tra i fondatori di nuove aziende del settore tecnologico sia tra i manager. Con i suoi colleghi di Porsche Digital e innovatori promettenti Klimovsky si incontra volentieri nella sede centrale di Grove Ventures nel nord di Tel Aviv o anche nel piccolo ufficio in città, non lontano dalla torre in cui risiede TriEye. Il lussuoso spazio di co-working si chiama Labs TLV. Quando l’ascensore accelera verso il basso, su un enorme schermo svolazza un tucano animato, un volatile piciforme originario dell’interno della foresta pluviale.

Davanti alla porta, invece, di primo acchito appare tutto piuttosto tranquillo. Casette a due spioventi che spiccano tra edifici a tetti piani. Sullo sfondo, la torre sormontata da antenne accanto all’eliporto sul tetto del Ministero della Difesa ricorda che qui il know-how e lo spirito pionieristico non si devono solo a eccellenti università. In nessun altro Paese al mondo esercito, ricerca e industria si passano tra loro talenti e tecnologie con maggiore successo. Tuttavia, chi ritiene che da questo derivi per le start up un legame strutturale con lo Stato, si sbaglia. «Abbiamo poca soggezione verso le gerarchie e le autorità», dichiara Klimovsky. «Qui, chi fa una domanda deve aspettarsi a sua volta una domanda come risposta. Qualcuno parlerebbe di chutzpah, l’arte ebraica dellla sfrontatezza. Altri direbbero che ci scontriamo volentieri».


La piattezza delle gerarchie si può forse spiegare con gli anni dei fondatori dello Stato, quando i pionieri di Israele non armeggiavano con semiconduttori, bensì drenavano e rendevano coltivabili le paludi, condividendo i propri averi nel kibbutz – e i pasti nella sala da pranzo collettiva.

Da tempo la maggior parte degli insediamenti collettivi è stata privatizzata, ma la nostalgia serpeggia quando Klimovsky decide di fare pausa pranzo al Chadar Ha’Ochel. Il ristorante gioca con i rimandi alla sala da pranzo degli spartani abitanti dei kibbutz – anche se un cameriere porta al tavolo kebab di pesce e fantasiose insalate miste. Il Chadar Ha’Ochel si trova accanto al Museum of Art, il cui nuovo edificio si svolge in pieghe geometriche come un artistico origami. Un buon posto per guardare al futuro.

Mobile, dinamica, pulsante:

Mobile, dinamica, pulsante:

a Tel Aviv i giovani gustano la vita ogni minuto

Tel Aviv è chutzpah

Klimovsky ritiene che i digital services e la personalizzazione indichino la strada per una nuova trasformazione nel momento in cui vengono mantenute le promesse delle vetture elettriche e della guida autonoma. «Mi aspetto che questa tendenza attuale all’implementazione dell’intelligenza artificiale nel settore automobilistico crescerà ancora di più». Conoscere le esigenze e abitudini del guidatore e dei suoi passeggeri «aiuterà a sviluppare nuovi modelli imprenditoriali su misura, specifici per ciascun segmento di clientela», dice Klimovsky. «Si può immaginare ancora molto: i nuovi modelli imprenditoriali possono coinvolgere shopping, svago, lavoro, salute e molto altro».

Adesso però Sigalit Klimovsky deve prendere da scuola suo figlio di otto anni, ci saluta dirigendosi verso Rothschild Boulevard. Lungo l’arteria principale di Tel Aviv si può osservare un fenomeno attuale della sharing economy: sulla passeggiata sotto le corone di acacie rosse, hipster e uomini d’affari sfrecciano per arrivare primi. A Israele piace fornire soluzioni imperdibili per la digitalizzazione delle auto – ma nel Paese sta prendendo piede prevalentemente un altro mezzo di trasporto: l’E-roller, il pratico monopattino elettrico.

TriEye – occhio di falco

La start up fondata nel 2017 ha nel mirino una delle maggiori sfide nell’ambito dei sistemi di assistenza di guida e della guida autonoma: la sicurezza in condizioni di cattiva visibilità. Le telecamere infrarosse a onde corte (SWIR) di TriEye promettono non solo una tecnologia all’avanguardia, bensì, grazie alla tecnica a semiconduttori, costano nella produzione solo una frazione dei modelli usuali. La telecamera delle dimensioni di una moneta trasmette alla vettura immagini ad alta risoluzione. Invece che ai soli colori degli oggetti, il sensore reagisce ad esempio anche alle caratteristiche dei materiali, riconoscendo già da lontano superfici ghiacciate, perdite d’olio o pellicce di animali scuri. Dato che neppure il vetro del parabrezza limita l’efficacia della telecamera, non sono necessarie rinunce o modifiche nel design della carrozzeria. Dall’estate di quest’anno Porsche partecipa al progetto TriEye.
www.trieye.tech

Fleetonomy – rivoluzione rapida

Servizi di trasporto, noleggio a breve termine, modelli di abbonamento e molto altro – così potrebbe essere la mobilità nei centri urbani del futuro: quando domineranno le vetture a guida autonoma e le flotte controllate dall’intelligenza artificiale. La start up Fleetonomy, fondata nel 2016, promette di organizzare senza sforzo la rivoluzione della guida autonoma e gestisce e ottimizza già oggi parchi vetture di costruttori di automobili, imprese di noleggio e gestori di flotte in tutto il mondo. L’intelligenza artificiale raccoglie e analizza big data per utilizzare nel modo più efficiente possibile le vetture, calcolare precisamente la domanda e calibrare il servizio alle esigenze dei clienti in tempo reale. In questo modo, l’intera offerta di mobilità è simulabile fino al dettaglio già in fase di pianificazione e può essere tagliata su misura al profilo individuale del cliente secondo ciascun campo d’impiego.
www.fleetonomy.io

Anagog – tutt’altro che analogico

Nell’era dei dati le persone portano con sé smartphone, tablet e orologi digitali, dispositivi che raccolgono informazioni senza sosta. Non di rado questo suscita disagio – chi trae vantaggio da questi dati? Per le menti dietro la start up Anagog, fondata nel 2010, solo gli utenti stessi. Finora molti pensavano all’intelligenza artificiale come a enormi computer, nel software di Anagog tutto si svolge nello smartphone. I sensori dello smartphone generano dati su posizione, velocità, differenze di quota – oppure anche andamenti – come la vibrazione trasmessa durante la marcia in automobile. In questo modo, la tecnologia Edge-AI può non solo anticipare quando ritorneremo all’auto da un appuntamento e ad esempio regolare già la temperatura interna, bensì perfino prevedere dove si libererà un parcheggio nei prossimi minuti. La cosa più importante: a differenza di tutte le soluzioni finora dispobili, con questa tecnologia tutti i dati rimangono costantemente sul proprio telefono, assicurando in tal modo una nuova dimensione della tutela dati.
www.anagog.com

Agnes Fazekas
Agnes Fazekas
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